Direttivo PRC Borgo San Lorenzo e L’Altra Borgo
Dalla parte del popolo palestinese. Ci siamo voluti stare anche questa volta, nel nostro piccolo, per quanto possibile, raccogliendo fondi durante la Festa di Liberazione. Ci vogliamo stare continuando a parlarne, cercando di fare informazione, anzi, di fare controinformazione. Perché di Palestina si parla poco e la maggior parte delle volte ci arrivano notizie incomplete, se non colpevolmente devianti.
In Palestina è in atto un massacro, motivato da ragioni politico-economiche, complici le grandi potenze, USA e UE. L’estensione e controllo sui confini, i rapporti tra religione e politica, la “gestione” dello scacchiere mediorientale, le ingerenze occidentali nell’autodeterminazione di popoli che detengono risorse materiali irrinunciabili per il benessere dei cosiddetti paesi “sviluppati” (il petrolio, ma non solo) sono alla base di un genocidio inaccettabile, che continua ad essere giustificato dai mass media internazionali con le motivazioni più incredibili.
Sul massacro a Gaza e le uccisioni e arresti indiscriminati in Cisgiordania si sono espressi 100 Premi Nobel, artisti e intellettuali di tutto il mondo, Amnesty International, il Consiglio Comunale di Dublino, la Rete Italiana per il Disarmo e quella europea, Emergency, L’Altra Europa Con Tsipras ed ogni giorno si moltiplicano gli appelli per un embargo militare ad Israele e le manifestazioni spontanee di solidarietà in tutto il mondo.
Intanto l’Italia, il primo fornitore europeo di armi ad Israele, ha pensato bene di consegnare i primi due dei caccia M-346 ad Israele proprio mentre si avviavano i bombardamenti. In Sardegna, a partire dal 21 settembre, sono in programma esercitazioni militari con la partecipazione dell’aeronautica israeliana.
L’occupazione israeliana in Palestina non è solo guerra, non solo bombe, non solo bambini che perdono la vita. I continui attacchi, il protratto embargo, gli arresti ingiustificati e l’occupazione dei Territori da parte di Israele sta lasciando dietro di sé migliaia di morti, decine di migliaia di case distrutte, migliaia di feriti, la gran parte degli ospedali e l’82% delle scuole rasi al suolo, profughi e orfani abbandonati a se stessi ai quali viene impedito perfino di ricevere gli aiuti umanitari.
Il 95% della Striscia è rimasta senza corrente elettrica.
«Le notizie girano attraverso telefoni e social network», spiega Saftaw, giornalista palestinese. «C’è la radio che rimanda le voci degli ascoltatori e aiuta a tranquillizzare le famiglie che abitano distanti e non possono più comunicare».
Le cifre dell’aggressione israeliana iniziata quasi due mesi fa e denominata “Protective Edge” contro la striscia di Gaza sono impressionanti: il bilancio complessivo -ad oggi- dei morti nella Striscia ha abbondantemente superato le 2000 persone, i feriti sono più di 10.000, anche le case e le moschee demolite sono più di 10.000, le incursioni sono state finora 7.343.
Il blocco imposto da Tel Aviv dal giugno 2007, ha messo l’economia della Striscia in ginocchio.
Il 70% della popolazione di Gaza viveva sotto la soglia di povertà già nel 2009, secondo la CIA.
L’ UNRWA (United Nations Relief and Works Agency) ha constatato che il numero di rifugiati che vivono in estrema povertà a Gaza è triplicato dall’inizio del blocco nel 2007: da circa 100.000 a circa 300.000 persone.
Secondo la Food and Agriculture Organization (FAO) oltre il 90% della popolazione dipende dagli aiuti alimentari da parte delle agenzie delle Nazioni Unite e vive sotto la soglia di povertà.
Pesca, industria, commercio e servizi sono ormai al collasso.
Molti forse non sanno che i famigerati tunnel servono soprattutto per permettere a Gaza di far entrare ed uscire i propri prodotti per poter sostenere le economie informali che fanno sopravvivere una parte di popolazione.
Il consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha deciso la formazione di una commissione internazionale di inchiesta su “presunti” crimini di guerra commessi da Israele nella Striscia di Gaza, nonostante il voto contrario degli USA e la vergognosa astensione europea.
Quello palestinese è un popolo in ginocchio. Quello palestinese è un popolo che resiste.
a causa dell’embargo è difficile anche mandare aiuti a Gaza e in Cisgiordania, noi abbiamo scelto due vie diverse, perché l‘attuale campagna di violenza non è circoscritta alla zona di Gaza, ma interessa anche l’intera Cisgiordania dove continuano arresti arbitrari, perquisizioni ed un inasprimento delle misure che limitano i diritti dei palestinesi.
- Il primo beneficiario del nostro contributo è Al Sadaqa Medical Center, nel distretto di Betlemme, in Cisgiordania: un centro medico autofinanziato da una parte della comunità civile di Betlemme per far fronte all’emergenza sanitaria dell’intero distretto, che comprende non solo la città santa, ma anche i villaggi rurali circostanti e tre campi profughi.
Fornire un sussidio, di qualsiasi natura, a questo Centro Medico rende possibile l’acquisto di apparecchiature sanitarie nuove con le quali sostituire quelle obsolete e significa costruire una possibilità di futuro per tanti ammalati, il cui abbandono porterebbe a sicuri esiti drammatici, anche se rimossi dal silenzio per chi non ha peso nella storia.
Per anni l’Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus di Firenze è riuscita a donare medicinali salvavita, ma, ad oggi, non è più consentito fornirli dall’estero per le restrizioni imposte dal governo israeliano. L’azione prevede perciò di finanziare l’acquisto in loco di farmaci, apparecchiature mediche e informatiche necessarie alla gestione del Centro.
- L’altro contributo, di pari importo, è andato ad un’iniziativa a cui partecipano TUTTE le ONG Italiane presenti in Palestina. Per motivi logistici viene utilizzato il conto di Terre des Hommes Italia come canale per la raccolta.
Si stanno raccogliendo donazioni per far entrare medicine, materiali sanitari, e altri beni di primissima necessità nella Striscia di Gaza: le frontiere con Egitto e Israele sono chiuse, ospedali, ambulanze e centri di pronto soccorso sono costantemente sotto la minaccia dei bombardamenti. Nonostante questo, il personale sanitario continua a prestare soccorso incessantemente. Negli ospedali e nelle farmacie manca circa la metà dei farmaci inclusi nella lista di quelli essenziali stilata dalla Organizzazione Mondiale della Salute (http://www.who.int/medicines/publications/essentialmedicines/en/); mancano 470 tipi di materiali sterili e monouso, tra cui aghi, siringhe, cotone, disinfettanti, guanti e molto altro. Manca il carburante per alimentare ambulanze e generatori che permettono di far funzionare i macchinari salvavita e le sale operatorie durante le almeno 12 ore al giorno in cui l’unica centrale elettrica non riesce a fornire elettricità. Mancano le sacche di sangue necessarie a soccorrere le centinaia e centinaia di feriti.
I commenti sono chiusi.