Tatiana Bertini
Inizia il Forum e fa paura sentir parlare di mancanza di sostenibilità economica del nostro Sistema Sanitario, dove l’unica alternativa proposta sembra quella di tornare indietro ai tempi delle “assicurazioni mutualistiche”, per il momento volontarie, per garantire quanto ad esempio con i Lea non viene più garantito, come le cure odontoiatriche; o il supporto per la non autosufficienza, divenuto inaccessibile ai cittadini a causa di rette in RSA sempre più alte o di servizio domiciliare non sufficiente ai bisogni delle famiglie; o le visite specialistiche inaccessibili a causa delle lunghe liste di attesa e dei costi elevati offerti per raggirarle con intramoenia, nonché da ticket di compartecipazione sempre più onerosi. L’assurdo: il privato diventa in questo campo concorrenziale nei confronti del pubblico, accaparrandosi ampie fette di servizio, e di conseguenza di fondi, con prestazioni specialistiche più economiche dei ticket stessi (per chi può permetterselo).
Fa strano sentir dire “ce lo chiede l’Europa”, siamo in crisi economica, non abbiamo alternative per l’ ”universalismo” del sistema sanitario se non con un connubio di pubblico e privato, di assicurazioni per la sanità integrativa, se non con un ritorno al sistema mutualistico, abbandonato peraltro, quasi 40 anni fa…ma la Grecia non ci ha insegnato niente?!?!
Si parla di circa 26.500.000 italiani disposti a farsi un’assicurazione sanitaria integrativa, un giro di affari di circa 5.000.000.000 di euro…. E se i soldi ipotizzati per la sanita integrativa, andassero invece nelle casse del SSN, non avremmo forse un sistema sanitario “economicamente” più sostenibile?
In Grecia, il sistema “mutualistico”, una volta venuto a mancare uno dei diritti fondamentali dei cittadini, quello del lavoro, non ha più avuto la possibilità di garantire agli indigenti neppure un’assistenza sanitaria di base. Vogliamo arrivarci anche noi?
E cosa c’è di universalistico nel sistema mutualistico e assicurativo, quando ben sappiamo che l’erogazione dei servizi è legata al tipo di mutua o assicurazione che ogni cittadino può permettersi? Sappiamo bene che con questo sistema alle persone più indigenti non toccheranno altro che prestazioni residuali, come sappiamo bene, l’America ci insegna, che un’assicurazione per patologie croniche, può diventare impossibile da fare, o con prezzi insostenibili.
Da qui nasce la necessità di fare una riflessione politica:
Assistiamo ad una crisi lavorativa dei cittadini, quella economica ne è la ovvia conseguenza;
Se creassimo posti di lavoro, politica opposta al blocco del turn over in sanità, avremmo meno cittadini che necessiterebbero di aiuti sociali (già questo sarebbe un risparmio) rendendogli dignità e autonomia almeno nell’acquisto di beni essenziali (molti cittadini ad oggi ad esempio si nutrono quasi esclusivamente di carboidrati), e probabilmente, in termini “economici e consumistici”, un parziale superamento dell’attuale “deflazione”;
Se facessimo una politica “del lavoro”, e non del volontariato, con una retribuzione dignitosa, accompagnata ad una politica di sostenibilità del sistema sanitario attraverso la fiscalità generale (che senso ha non aumentare ad esempio la quota IRPEF per sostenere il sistema, proporzionata al reddito, in un’ ottica di solidarietà ovvero chi più può più contribuisce, quando comunque chiediamo sempre ai lavoratori di contribuire ulteriormente con mutue e assicurazioni), avremmo davvero la possibilità di garantire maggiori servizi, non maggiori consumi inappropriati come rischia di dare il sistema mutualistico/assicurativo, in un ottica “universalistica”, oltre a dare futuro ai nostri giovani con possibilità di autodeterminarsi.
Se come infermieri vogliamo davvero essere vicini ai cittadini, dobbiamo spingere verso questa direzione, perché solo questa porterà all’uguaglianza del diritto alle cure.
L’esperienza presentata al corso di formazione organizzato dall’IPASVI all’interno del Forum del Friuli Venezia Giulia, riguardo all’infermiere di comunità e di famiglia, è un’esperienza importante, da prendere in considerazione. Con questa figura, oltre a garantire un’adeguata prevenzione (le mutue curano, non prevengono) e di conseguenza un notevole risparmio, possono offrire anche uno spazio di assistenza e di supporto alla disabilità e alla non autosufficienza, coprendo quel gap che ad oggi rischia di essere dirottato verso mutue, privato e privato sociale.
Ci Auspichiamo che anche la regione Toscana vada in questa direzione.
Il corso dell’IPASVI curato all’interno del Forum è lungo. Devo prendere il treno. Attendo perché voglio sentire l’ultimo intervento… peccato sia stato messo alla fine, non riesco a starci per tutto il tempo. E’ bello però che il Prof. Cavicchi abbia rimarcato che la “Sostenibilità del SSN” va intesa come “capacità di dare risposta ai bisogni dei cittadini” e in tal senso va riorganizzato il sistema. Ecco, adesso torno a sentirmi una vera infermiera, in dissonanza con quanto il “Forum sulla Sostenibilità e opportunità nel settore della Salute” della Leopolda, peraltro con scarso, spazio di discussione, stava evidenziando.
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