La legge 132 introduce una rivoluzione nel campo del diritto all’anagrafe, perché per la prima volta vuole negare in maniera chiara ed esplicita un diritto soggettivo perfetto a una categoria di persone - contravvenendo così a quanto previsto dalla Costituzione e da altre norme generali sull’immigrazione come il Testo unico del 1998.
L’iscrizione anagrafica infatti è un prerequisito per il rilascio del certificato di residenza e del documento di identità. Impedire l’ottenimento di questi due documenti ha una serie di conseguenze a cascata sull’accesso a servizi pubblici fondamentali come la presa in carico da parte dei servizi sociali, l’edilizia popolare, l’iscrizione al sistema sanitario nazionale o ai percorsi di inserimento lavorativo dei centri per l’impiego.
Proprio per questo è evidente come l’articolo 13, nel suo tentativo di negare il diritto anagrafico a una determinata categoria di persone, introduce un cambiamento che non è in alcun modo conciliabile con i principi costituzionali su cui è fondato il nostro ordinamento giuridico.
La pensa così la Giunta della Regione Toscana, che lo scorso mese ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale. La pensano così i sindaci degli oltre 60 comuni toscani che si sono uniti sottoscrivendo l’iniziativa del presidente Rossi. Tra le voci contrarie anche l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione ASGI, che in un comunicato ha ribadito la sua incostituzionalità e ha annunciato di aver già fatto partire numerosi ricorsi per violazione dell’articolo 3 della Costituzione. Simili conclusioni sono state tratte anche da Altro Diritto. Siamo lieti perciò che l’appoggio all’iniziativa della Regione sia arrivato pubblicamente anche da parte del Sindaco di Borgo San Lorenzo.
Ad ogni modo, a prescindere da quel che la Corte Costituzionale avrà da dire in futuro sulla manifesta incostituzionalità della legge 132, c’è un altro aspetto da tenere in considerazione. Nonostante il decreto sia stato scritto con la chiara intenzione di escludere i richiedenti asilo dall’accesso alla residenza, la norma nei fatti non riesce davvero a vietare loro l’iscrizione anagrafica, ma si limita a stabilire che il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non costituisce un titolo valido per l’iscrizione.
Il Decreto Sicurezza infatti continua a coesistere con il Testo unico sull’immigrazione, e in particolare con il suo articolo 6 comma 7, che ancora oggi dispone che allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio sia consentito di iscriversi all’anagrafe. In questo senso le modifiche introdotte dall’art. 13 devono essere interpretate in senso meno restrittivo da parte dei sindaci, che possono continuare a consentire l’iscrizione a seguito dell’esibizione di un altro documento che provi il soggiorno regolare del richiedente asilo nel paese. Sono adatti a questo scopo sia il modulo C3 (e cioè la domanda di asilo presentata in questura dal richiedente asilo al momento dell’arrivo in Italia) sia i documenti di identificazione redatti dalla Questura in tale occasione.
Sulla base di questa interpretazione emerge un quadro chiaro: nonostante le modifiche introdotte dall’art. 13, tutti i comuni non solo sono ancora in grado di erogare l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo ma sono in dovere di farlo in risposta a chiunque esprima volontà di iscriversi.
Questo è perciò quello che è stato chiesto dai consiglieri comunali di Rifondazione Comunista e LiberaMente a Sinistra alle Amministrazioni di Barberino, Borgo San Lorenzo e Scarperia e San Piero e per lo stesso motivo chiediamo anche agli altri sindaci del Mugello di fare propria questa prospettiva ed elaborare, di concerto con con i responsabili dell’ufficio Anagrafe, una direttiva che riconosca la validità del modulo C3. Dare simili disposizioni per i Sindaci sarebbe inoltre non tanto un atto di disobbedienza civile in osservanza di valori morali e costituzionali, ma un semplice atto di “obbedienza civile” e di osservanza del quadro normativo vigente. Ne hanno già preso atto i comuni di Napoli e Palermo, che già si sono mossi in questa direzione.
Crediamo che le autorità locali del Mugello abbiano tutti gli strumenti per rifiutarsi di perpetrare una discriminazione istituzionalizzata che, oltre che essere ingiusta ed esasperare forme di disuguaglianza già estreme, rischia di avere conseguenze terribili sulla tenuta del tessuto sociale del nostro territorio.
Lavorare in questa direzione sarebbe un gesto di responsabilità civile tanto giusto quanto necessario. Un chiaro rifiuto rispetto ad una solidarietà solo di facciata. Se c’è da prendere alla lettera qualcosa, scegliamo la Costituzione e l’intero corpus di leggi in materia di iscrizione anagrafica.
Non vergogniamoci di rispettare la legge, specialmente quando si tratta di una legge che garantisce il rispetto dei diritti costituzionali di chi vive sul nostro territorio. Se è compito della buona politica guardare avanti, uniamoci a chi batte questa nuova strada perché altri comuni possano fare altrettanto dopo di noi. E facciamolo ad alta voce, così da ricordare a tutti che è ancora possibile restare umani.
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